Ghiannis Ritsos
Monovasià
La rocca. Nient’altro. Il caprifico e il basalto.
Un mare corazzato. Non c’è spazio per genuflessioni.
Fuori dalla porta del Cristo Elkòmenos
un porpora profondo nel nero. Le vecchie coi loro
calderoni
candeggiano il tessuto più lungo della storia
appeso agli anelli
di quarantaquattro camere a volta bizantine. Il sole,
implacabile amico, sta con la lancia di fronte alle mura,
e la morte è diseredata in questa luminosità infinita
dove ogni tanto i morti interrompono il sonno
con cannonate e lampioni arrugginiti, su e giù
per i gradini tagliati nella pietra. I loro acciarini
scoppiettano sulla mano; scintillano.
Io – disse –
salirò più in alto, sopra la morbida continuazione,
camminando sulla
cupola della grande chiesa sottomarina con i candelabri
accesi. Io
con l’osso azzurro, l’ala rossa e i denti candidi. Monovasià, 28.IX.74
Traduzione di Massimo Cazzulo
Poesia n. 335 marzo 2018
Ghiannis Ritsos. Monovasià
a cura di Massimo Cazzulo