Kostas Mondis
da Lettera alla madre
3
Ti scriveremo una lettera pesante, madre,
con tre pieghe legate al collo,
con gli alveoli strizzati,
che non la prenda il vento,
che non la prenda la gioia,
che non la prenda la tua carezza,
che non la prenda il canto del postino,
che non accompagni il suo fischiettìo,
che la scansino i sogni.
Ti scriveremo una lettera che non galleggi,
che si trascini sott’acqua da un abisso all’altro,
che si trascini prona al fondo,
che trasmetta inchiodata al fondo,
senza schiuma di superficie
senza periscopio.
Ti scriveremo una lettera chiusa, madre,
con tre sigilli d’amarezza,
con tre sigilli d’addio,
con tre sigilli di vento,
che non la forzi la nostalgia,
che non l’apra di nascosto il piccolo sobborgo,
che non sia esposta ai nostri diciott’anni,
che non l’arrugginisca il sole,
che non la leggano gli uomini da sopra la tua spalla,
che non la denunci un amore straniero,
che non la sospetti.
Madre, abbiamo esaurito la pazienza dell’asfalto,
madre, abbiamo esaurito il bordo dei marciapiedi,
abbiamo esaurito le loro quadrature,
abbiamo esaurito le loro fenditure.
Madre, impallidiamo di momento in momento,
madre, ci troviamo alle porte dell’Asia,
madre, al nostro tatto s’incendia la pietra.
Traduzione di
Filippomaria Pontani
Poesia n. 307 Settembre 2015
Kostas Mondis. La Grecia ultimo cespuglio sul burrone
A cura di Filippomaria Pontani
con tre pieghe legate al collo,
con gli alveoli strizzati,
che non la prenda il vento,
che non la prenda la gioia,
che non la prenda la tua carezza,
che non la prenda il canto del postino,
che non accompagni il suo fischiettìo,
che la scansino i sogni.
Ti scriveremo una lettera che non galleggi,
che si trascini sott’acqua da un abisso all’altro,
che si trascini prona al fondo,
che trasmetta inchiodata al fondo,
senza schiuma di superficie
senza periscopio.
Ti scriveremo una lettera chiusa, madre,
con tre sigilli d’amarezza,
con tre sigilli d’addio,
con tre sigilli di vento,
che non la forzi la nostalgia,
che non l’apra di nascosto il piccolo sobborgo,
che non sia esposta ai nostri diciott’anni,
che non l’arrugginisca il sole,
che non la leggano gli uomini da sopra la tua spalla,
che non la denunci un amore straniero,
che non la sospetti.
Madre, abbiamo esaurito la pazienza dell’asfalto,
madre, abbiamo esaurito il bordo dei marciapiedi,
abbiamo esaurito le loro quadrature,
abbiamo esaurito le loro fenditure.
Madre, impallidiamo di momento in momento,
madre, ci troviamo alle porte dell’Asia,
madre, al nostro tatto s’incendia la pietra.