Seamus Heaney

Nord

Sono tornato a una lunga spiaggia,
la curva martellata di una baia,
e trovai soltanto le secolari
potenze tuonanti dell’Atlantico.

Ho fissato i non magici
richiami dell’Islanda,
le patetiche colonie
della Groenlandia, e all’improvviso

quei favolosi predoni
sepolti nelle Orcadi e a Dublino
distesi contro
le loro lunghe spade arrugginenti,

quelli nel solido
ventre di navi di pietra,
quelli fatti a pezzi e luccicanti
nella ghiaia di correnti sgelate

erano voci assordate dall’oceano
che mi mettevano in guardia, risollevate
nella violenza e nell’epifania.
La lingua nuotante della nave vichinga

veleggiava con il senno del poi –
diceva del martello di Thor vibrato
su geografia e commercio,
di accoppiamenti ottusi e di vendette,

di odi e maldicenze,
delle antiche assemblee, menzogne e donne,
di sfinimenti definiti pace,
memoria che incuba il sangue versato.

Diceva: "Scendi
nel tesoro di parole, scava
la tana nella spira e nel bagliore
del tuo cervello solcato da rughe.

Scrivi nel buio.
Attendi l’aurora boreale
nel corso della lunga scorreria,
ma nessuna cascata di luce.

Mantieni limpido il tuo occhio
come la bolla d’aria nel ghiacciolo,
fidati della percezione di quel nocciolo di tesoro
che le tue mani hanno conosciuto"
.

Traduzione di Roberto Mussapi

Poesia n. 321 Dicembre 2016
Seamus Heaney. Il Virgilio irlandese
a cura di Francesco Kerbaker

 

 

 

 


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