Cristina Sparagana
Paola
Ora che il passo della talpa viene
alla polvere inquieta del tuo braccio,
che il riccio scava il tuo pensiero chiuso
e la mano sprofonda nella diga,
tesa fra sonno e colpo di tamburo,
che i vivi seguono la marcia muta
alla tenera culla di radice
dove il lampo reclina ed è guanciale
al tuo grido d’abisso,
ti sognerò come chi più non vede
si rannicchia nel fondo della luce
e chi non ode frana nella notte
di una piccola musica di pietra.
Ti sognerò nella cadenza cupa
dello squillo terribile d’estate,
filo di tenebra fra due visioni –
dormiveglia e sorriso.
E ti ricorderò come un narciso
chino su un orologio silenzioso
mentre sorge dal buio del tuo viso
l’esile giorno delle pulsazioni.
(a Paola Malavasi, nel giorno
dei suoi funerali, settembre 2005)